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العنوان
Il linguaggio di genere nella stampa elettronica italiana dal 2013 al 2018 (La Repubblica e Il Corriere della Sera
) :
المؤلف
Fawzy, Safaa Zaher.
هيئة الاعداد
باحث / صفاء زاهر فوزى عبدالودود
مشرف / شريف أبوالمكارم عبدالسلام
مشرف / صابر محمود عبدالمنطلب
الموضوع
Journalism - Italy.
تاريخ النشر
2022.
عدد الصفحات
136 p. :
اللغة
الإيطالية
الدرجة
ماجستير
التخصص
اللغة واللسانيات
تاريخ الإجازة
31/10/2022
مكان الإجازة
جامعة المنيا - كلية الألسن - اللغة الإيطالية
الفهرس
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Abstract

Lo studio contrastivo tra l’italiano e l’arabo per quanto riguarda il linguaggio di genere ha sottolineato che ci sono delle affinità e delle divergenze tra le due lingue rispetto al genere. Le affinità tra le due lingue sono rappresentate nella somiglianza tra le due lingue nella classificazione del genere: المذكر والمؤنث ‘maschile e femminile’. Il valore di genere grammaticale dei nomi non può essere legato in modo sistematico alla loro desinenza morfologica: poeta (m.), mano (f.); حمزة ‘Ḥamzah’ (مذكر حقيقى ‘maschile per natura’ o مؤنث اللفظي ‘femminile per forma’). Nelle due lingue è ben noto il caso di “neutralizzazione” rappresentata sia dalla “polisemia delle desinenze”: in italiano la desinenza –e in arabo la desinenza ة- solo il contesto permette di capire se ci si riferisce a un essere di genere maschile o femminile sia dal “gender resolution”: in italiano Maria (f) e Gianni (m) sono arrivat-i/ e in arabo الرجل والمرأة قاما ‘ľuomo e la donna si sono alzati’; sia dal “maschile generico”: in italiano tutti gli studenti della facoltà si sono iscritti e in arabo إنما المؤمنون إخوة ‘In verità i credenti sono fratelli.
L’arabo come l’italiano ha dei vocaboli completamente diversi per designare i due generi: il padre/ la madre, الأب/ الأم . Ci sono, nelle due lingue, nomi che possono essere sia di genere maschile sia di genere femminile conservando la medesima forma e assumono un significato diverso a seconda del genere grammaticale: il fine ‘lo scopo’, ma la fine ‘il finale’ العين (f.) ‘l’occhio’ العين. (m.) ‘il sorgente dell’acqua’. L’aggettivo è una parte variabile del discorso in italiano e in arabo: buono/buona, طيب/ طيبة . I numerali e i pronomi variano nel genere in italiano e in arabo eccetto alcune eccezioni: uno/una, واحد/ واحدة . Per le due lingue non mancano le eccezioni per la coincidenza tra il genere grammaticale e il genere naturale: la guardia e حمزة ‘Ḥamzah’ sono uomini. Le due lingue hanno dei pregiudizi che influiscono a volte nella denotazione di genere: in italiano il suffisso –essa ha un valore ironico o spregiativo, e in arabo i nomi dell’inferno sono femminili.
Però tra le divergenze troviamo che in arabo il maschile non ha una desinenza e si considera la base: الطبيب ‘il dottore’. In italiano la desinenza femminile fa parte della radice della parola, il contrario in arabo: la maestra/ المعلمة . I pronomi personali in arabo sono superiori in numero a quelli dell’italiano allo scopo di distinguere tra il maschile e il femminile. A differenza dell’italiano il pronome suffisso arabo si accorda col possessore e non con l’oggetto posseduto: ولدها ‘il figlio di lei’.
Soltanto in arabo si trova il duale: رجلٌ ‘un uomo’→ رجلان ‘due uomini’. in arabo non si usa il pronome di cortesia lei ma ci si dà sempre del tu. In arabo, i verbi hanno forme diverse per il maschile e per il femminile nella seconda e nella terza persona, mentre in italiano le forme del verbo, salvo quelle composte col participio passato, non rivelano questa diversità: تفْعلُ (2a persona m.), تفْعلين (2a persona f.), يفْعلُ (3a persona m.), تفْعلُ (3a persona f.). L’arabo, invece dell’italiano, ha un solo articolo determinativo, mentre gli articoli indeterminativi non esistono: معلم ‘un maestro’/ المعلم ‘il maestro’.
I relativi in arabo variano nel genere: أحسنت السيدات اللاتى تكلمنَ ‘era ben fatto per le donne che parlavano’ e la proposizione il cui relativo è sottinteso o indeterminato, in italiano è ben chiaro che è relativo, ma in arabo non lo è, ad es. هذا رجل يعيش ويناضل من أجل مبادئ الإنسانية ‘Questo è un uomo che vive e lotta per i principi umanitari; أنادي الفتى الجالس على الدرجة ‘Chiamo il ragazzo che è seduto sulla gradinata’. L’arabo supera l’italiano nella coniugazione del verbo secondo il genere. L’accordo non è presente in misura uguale nelle due lingue; dato che in arabo si usa un solo articolo determinativo, è impossibile trovare un termine come la ministro come in italiano. È vero che in arabo come in italiano prevale il maschile, ma per la lingua araba la prevalenza del maschile al femminile è legata all’eloquenza, cioè è preferibile usare il maschile, ma l’uso del femminile non è scorretto.
Per le due lingue il significato è chiaro dal contesto anche se c’è a volte confusione nel caso del maschile neutro. L’ambiguità e l’economia linguistica nel linguaggio è essenziale per quanto riguarda la stampa. Cercare una parità nell’espressione dei generi potrebbe ledere il principio di economicità intrinseco alla lingua soprattutto lo splitting, o il raddoppiamento delle forme maschili e femminili. La spinta di “femminilizzare” può portare a ripensamento all’uso di alcuni sostantivi come il caso di contralto e soprano, di genere maschile, ma indicanti referenti femminili, cui si contrappongono tipi simmetrici quali guardia e sentinella.